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·25 luglio 2020

Alemannia Aachen, quattro anni di gloria tutti da raccontare

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Un secondo posto da quasi neo-promossa, una finale di Pokal e un viaggio europeo in seconda divisione. L’Alemannia Aachen non ha una storia di prestigio, ma quando si tratta di stupire non delude. Il club è stato fondato nel 1900 nella città di Aachen, ben più nota in italiano con il nome Aquisgrana, situata nella Renania Settentrionale-Vestfalia, ai confini con il Belgio. Denominata Alemannia dall’antico nome latino della Germania, gioca le sue partite casalinghe al Tivoli Stadion. Un altro riferimento storico al comune laziale, in una città piena di storia romana, medievale e rinascimentale.

Calcisticamente invece non è una storia vincente, quella dell’Alemannia Aachen, i cui calciatori sono soprannominati ‘Kartoffelkäfer’, i coleotteri della patata, per via della colorazione giallonera della loro maglia. Ma si tratta, comunque, di una vicenda tutta da raccontare: una narrazione che raggiunge il suo apice all’inizio del nuovo secolo. Il primo acuto degno di nota dell’Alemannia Aachen arriva nel 1953, quando arriva in finale di Coppa di Germania: sconfitta, 1-2, contro il Rot-Weiss Essen. Nel 1965, percorso similare, con l’arrivo in finale della coppa nazionale e la sconfitta, stavolta 0-2, contro il nettamente più quotato Borussia Dortmund. I tempi, però, sono maturi per il grande salto. Nel 1967 arriva la prima, storica, promozione in Bundesliga, dopo i playoff della Regionalliga West. La stagione 1967-68 vede l’Alemannia Aachen consolidarsi nel massimo campionato con un 11° posto e, l’annata seguente, è quella dell’inatteso exploit.


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Nella stagione 1968/69, infatti, arriva secondo, con 38 punti, dietro il Bayern Monaco, che vince il titolo con 46: non partecipa, però, alle coppe europee. L’anno seguente, arriva il disastro: 18° posto in Bundesliga, con 17 punti, ed appena un solo punto conquistato in trasferta in 17 gare. L’Alemannia Aachen saluta il torneo e il calcio d’élite. Già, perché, in 30 anni, i gialloneri sprofondano all’Inferno, retrocedono fino alla Regionalliga West/Südwest. Il club rivede la luce nel 1999, tornando in 2. Bundesliga, ma trascorre degli anni complicati, alle prese con molteplici problemi finanziari, scarsa stabilità societaria e, successivamente, si trova a fronteggiare la morte improvvisa del tecnico Werner Fuchs.

Arriviamo, quindi, alla stagione 2003/04, il punto massimo della storia calcistica dell’Alemannia Aachen. La squadra, con il nuovo Presidente Horst Heinrichs, il manager Jörg Schmadtke, e l’allenatore Jörg Berger, arriva soltanto al 6° posto in 2. Bundesliga, ma compie un cammino spettacolare in Coppa di Germania. L’Alemannia Aachen raggiunge, infatti, un’altra volta la finale della DFB-Pokal, per la terza volta nella sua storia, eliminando, nell’ordine, Rot-Weiss Erfurt (4-3 ai rigori), Monaco 1860 (5-4 ai rigori), Eintracht Braunschweig (5-0), Bayern Monaco (2-1), Borussia Mönchengladbach (1-0), salvo poi arrendersi, 2-3, al cospetto del Werder Brema, fresco campione di Germania.

Punti di forza della formazione giallonera sono Kai Michalke, centrocampista offensivo ex Bochum, Hertha Berlino e Norimberga; Bachirou Salou, attaccante togolese ex Borussia Mönchengladbach, Duisburg, Borussia Dortmund, Eintracht Francoforte e Hansa Rostock. In virtù di queste performance, e vista la partecipazione del Werder in Champions League, l’Alemannia Aachen è legittimata a partecipare alla Coppa UEFA 2004-2005.

In panchina non c’è più Berger, ma Dieter Hecking, ex centrocampista dell’Amburgo che, in futuro, sarebbe diventato ‘deus ex machina’ del Wolfsburg. Alla rosa giallonera si aggiungono il rumeno Laurentiu Reghencampf, ex Energie Cottbus; Simon Rolfes, che sarebbe diventato una colonna del Bayer Leverkusen, e, soprattutto, l’attaccante Jan Schlaudraff, la grande promessa del calcio tedesco dell’epoca. La campagna europea per l’Alemannia Aachen inizia bene: fa fuori al primo turno gli islandesi dell’FH, 1-5 e 0-0; passa il girone, Gruppo H, con Lille, Siviglia ed eliminando Zenit ed AEK; ai sedicesimi di finale, poi, va fuori contro gli olandesi dell’AZ Alkmaar, 1-2 e 0-0. In campionato, arriva un nuovo, deludente 6° posto in 2. Bundesliga.

La promozione nella massima serie viene rinviata al 2006, quando, guidato dagli 11 gol in 29 gare di Schlaudraff, l’Alemannia Aachen di Hecking arriva 2° a 65 punti, a -1 dal Bochum capolista e si guadagna il diritto a disputare il suo terzo campionato di Bundesliga. La stagione 2006/07, con l’ex nazionale tedesco Guido Buchwald in panchina, si conclude con un 17° posto, soli 34 punti e la retrocessione insieme a Mainz e Borussia Mönchengladbach. L’Alemannia Aachen saluta, quindi, il grande calcio. Almeno per ora. Nel 2012 giunge 17° in 2. Bundesliga e retrocede in 3. Liga. L’anno seguente arriva un’altra retrocessione, con il 20° posto in classifica e la caduta nella Regionalliga West, campionato dove milita tuttora (momentaneo sesto posto in graduatoria).

Il ‘rischio’ è che un club ultracentenario, sopravvissuto, nonostante tutto, alle bufere sportive ed al tempo, venga ricordato, recentemente, per un grandissimo giocatore che, in realtà, non ha mai indossato la maglia giallonera in gare ufficiali, neanche per le squadre giovanili, pur essendoci passato per una stagione. Nato proprio ad Aachen, infatti, Kai Havertz, gioiello del Bayer Leverkusen in procinto di spiccare il volo, ha militato nel settore giovanile dell’Alemannia Aachen dal luglio 2009 all’agosto 2010, quando aveva appena 10 anni. I gialloneri di casa, per lui, sono serviti quale passaggio fondamentale per approdare dal Mariadorf al vivaio delle ‘Aspirine’. Tutto il resto è storia.

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